"Nulla si può definire solo un sogno.
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."

kristoferpoffer {at} gmail.com

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Il venditore di storie

-vendo sogni. rispose deciso alla domanda. gliel'avevano fatta perchè l'avevano visto guardare fisso in aria. era un po' che stava fermo col naso all'insù e nessuno riusciva a capire cosa stesse guardando. era un cielo d'autunno con le nuvole basse, che la sera scendevano così tanto da inghiottire tutto.ci sarà qualcosa nella nebbia -pensarono scrutando. e poi c'era ancora qualche rondine che ritardava il volo verso la sua estate del sud. ce n'era forse una più grande, maestosa oppure un nugolo di piccoli che per la prima volta prendeva il volo ? -si chiesero tra loro. adesso che tutti guardavano meglio si intravedeva anche uno spicchio di arcobaleno in un angolo del cielo. stava forse rimirando riconoscente quel piccolo saluto della pioggia appena passata?. oramai erano tutti in fissa. si scambiavano frettolose idee senza mai perdere di vista il cielo. non volevano essere disturbati. ed era un cielo grigio sai, non uno di quelli azzurri che d'estate fanno da contorno ai campi gialli di girasoli. era un cielo di fuliggine, di quelli che d'inverno s'infiltrano tra i palazzi di città e ammantano ogni cosa. era un cielo che a poco a poco bagnava le strade e le lasciava umide tutto il giorno. era uno di quelli che ti fanno entrare il freddo fin nelle ossa se ci cammini sotto distratto maledicendo lui, e rimpiangendo il caldo. ma quel pomeriggio no, si era tutti immobili, con lo sguardo trasognato e puntato non si sa bene dove. c'era anche chi,per cercare di carpirne la prospettiva giusta, si avvicinò quasi guancia a guancia a quel vecchio che senza dir nulla invitava a guardare. c'eran persone che non volevano, proprio non gli sarebbe fregato di meno, di guardare il cielo. eppure pian piano, più con mania di non essere esclusi che non di curiosità, piano piano s'arrestavano dal loro camminare infuriato e maldestro. e una volta fermati erano vulnerabili come ogni altro che prima scappava ed ora si lascia ammaliare da cosa non sa. a poco a poco la folla intorno a lui era cresciuta e ben presto fu come se la città intera si fosse fermata. c'era un'atmosfera d'attesa, o meglio di speranza. e sarebbe bastato anche solo che un piccione qualsiasi prendesse il volo da un sottotetto per non tradire l'aspettativa di qualcosa di straordinario che oramai la gente a furia di cercare era come se stesse già gustando con gli occhi. erano occhi lucidi ora che nascondevano dei pensieri che forse era troppo tempo che aspettavano di prendere il volo. ed erano rivolti a quel cielo che nessuno avrebbe mai guardato se non ci fosse stato quel vecchio.
poi, sul finire "del" pomeriggio in cui la città aveva osato sognare con il cielo d'autunno, all'improvviso calò la notte e si accesero i lampioni e il cielo non si vide più. la folla si dileguò in silenzio; stava pensando ora. ognuno arrivò al portone di casa e infilate le chiavi, proprio prima di entrare, ognuno, e dico ognuno di loro, un'occhiata al cielo ce la buttò per l'ultima volta. era cambiato davvero qualcosa e tutto in un qualunque grigio e freddo pomeriggio d'autunno.

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