"Nulla si può definire solo un sogno.
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."
kristoferpoffer {at} gmail.com
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."
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Titoli
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- A fin di bene
- Abitudini
- Addio
- Ai miei tempi
- Al pronto soccorso
- Albicocche
- Ambasciatore
- Balle
- Bentornati
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- Briefing
- Brioche
- C'era una volta un mondo
- Cane
- Cappuccetto rosso
- Carta Igienica
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- Cassiopea
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- Che ore sono?
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- Coltre di sfida
- Conversazioni
- Così sarà
- Cucina creativa
- Cuore
- Da un libro
- Damnatio Memoriae
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- Duello ìmpari
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- Un pittore
- Un salto
- Una crepa sul muro
- Una strana coppia
- Uova
- Vengo con te
- Vista sul mare
- West
- Zia Samy
Minimei 2.0
[..continua]
erano un gruppo scelto di soldati arruolati per la grande rivoluzione, questo mi raccontò. il loro capo era un esaltato, si faceva chiamare goddy, come se il suo nome potesse incutere chissà quale paura al prossimo che gli si parava davanti. il popolo dei minimei viveva ormai da più di tre anni confinato nel mio cassetto e non per scelta, ma perché così erano gli ordini. lì, all'interno di quel rifugio domestico improvvisato, ormai si erano organizzati come se fossero una società avanzata, attendendo che qualche informativa dall'alto potesse mettere finalmente ordine alla faccenda. l'attacco, secondo le prime disposizioni, avrebbe dovuto compiersi entro poche ore dal primo appostamento, eppure, ormai di ore ne erano passate veramente un'infinità senza che nessuno li degnasse più di alcuna attenzione. il popolo dei minimei non era un popolo di esaltati guerrafondai; era un popolo di leali sudditi, devoti combattenti in nome degli interessi più grandi a cui si doveva necessariamente ubbidire. scoprii così che all'interno del mio cassetto erano organizzati in legioni, ognuna con un preciso compito che poteva essere quello di presidiare l'apertura, di disporre i nascondigli, di assicurarsi che io di notte dormissi realmente e così via. ogni minimeo era un ligio servitore della patria, sempre intransigente con tentazioni e vizi, mai fuori dai canoni del buon soldato. il mio prigioniero evidentemente era un caso a sé stante. i suoi capelli arancioni elettrizzati, il suo nasino luminescente in preda a spasmi anomali, la sua aria stralunata, tutto lasciava presagire che mi fossi imbattuto proprio nell'unico esemplare scalcagnato di una popolazione perfettamente efficiente. in cambio di piccole manciate di caramelle alla menta, che accolse come manna piovuta dal cielo, a poco a poco sarebbe stato capace di ripudiare la sua stessa razza. con le sue zampette penzolanti dal bordo del comodino lasciava intendere che il rigore militare dei suoi non lo aveva scalfito nel benché minimo spavaldo atteggiamento. mi svelò ogni cosa, ogni più piccolo, prezioso segreto del suo popolo pur di aver salva la pelle. un vero monumento al coraggio. avevo catturato un eroe.
erano un gruppo scelto di soldati arruolati per la grande rivoluzione, questo mi raccontò. il loro capo era un esaltato, si faceva chiamare goddy, come se il suo nome potesse incutere chissà quale paura al prossimo che gli si parava davanti. il popolo dei minimei viveva ormai da più di tre anni confinato nel mio cassetto e non per scelta, ma perché così erano gli ordini. lì, all'interno di quel rifugio domestico improvvisato, ormai si erano organizzati come se fossero una società avanzata, attendendo che qualche informativa dall'alto potesse mettere finalmente ordine alla faccenda. l'attacco, secondo le prime disposizioni, avrebbe dovuto compiersi entro poche ore dal primo appostamento, eppure, ormai di ore ne erano passate veramente un'infinità senza che nessuno li degnasse più di alcuna attenzione. il popolo dei minimei non era un popolo di esaltati guerrafondai; era un popolo di leali sudditi, devoti combattenti in nome degli interessi più grandi a cui si doveva necessariamente ubbidire. scoprii così che all'interno del mio cassetto erano organizzati in legioni, ognuna con un preciso compito che poteva essere quello di presidiare l'apertura, di disporre i nascondigli, di assicurarsi che io di notte dormissi realmente e così via. ogni minimeo era un ligio servitore della patria, sempre intransigente con tentazioni e vizi, mai fuori dai canoni del buon soldato. il mio prigioniero evidentemente era un caso a sé stante. i suoi capelli arancioni elettrizzati, il suo nasino luminescente in preda a spasmi anomali, la sua aria stralunata, tutto lasciava presagire che mi fossi imbattuto proprio nell'unico esemplare scalcagnato di una popolazione perfettamente efficiente. in cambio di piccole manciate di caramelle alla menta, che accolse come manna piovuta dal cielo, a poco a poco sarebbe stato capace di ripudiare la sua stessa razza. con le sue zampette penzolanti dal bordo del comodino lasciava intendere che il rigore militare dei suoi non lo aveva scalfito nel benché minimo spavaldo atteggiamento. mi svelò ogni cosa, ogni più piccolo, prezioso segreto del suo popolo pur di aver salva la pelle. un vero monumento al coraggio. avevo catturato un eroe.
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