"Nulla si può definire solo un sogno.
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."

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In spiaggia

era un bambino un po' vivace, un po', molto vivace. era un bambino molto sveglio, intraprendente, attivo; un bambino solare, estroverso, espansivo. era un bambino di quelli che, per l'amor di dio, simpatico e tutto però in spiaggia non alzare la sabbia sennò ti strozzo.
domenica c'era un piccolo denti-dondolanti di questo tipo a vanificare le false promesse del bagno 'la quiete' ed io appena arrivato, adocchiando il soggetto, ho tenuto a metterlo preventivamente in guardia circa l'importanza ristoratrice del sonnellino che mi sarei concesso se la grazia di vucumprá, cocchibbelli e piccoli muratori in erba me l'avesse permesso. ciò detto l'ho invitato a stupirmi al mio spontaneo risveglio con un bel castello di sabbia, di quelli tanto più belli quanto più costruiti in ossequioso silenzio alle pennichelle altrui. il bimbo, sicuramente afferrato il senso profondo dell'intero discorso, si è limitato ad annuire e a sollevare le spalle.
nelle cocente canicola estiva il meritato riposo di tutti gli adulti presenti, di tutti i genitori, i nonni, gli zii, procedeva in un silenzio composto e perfetto, surreale persino. nel frattempo la scomposta marmaglia giocava con la sabbia.
l'esercito armato di palettine e secchielli, probabilmente esaltato per l'inaspettato affrancamento da regole e ordini, faceva tutto il necessario perché si mantenesse lo stato d'autogestione. per il fatto che, come noto, una semplice autodisciplina può laddove mille ordini falliscono, il pomeriggio calò in un sincronizzato scricchiolio d'arnesi, in una pace di silente operosità. colui che solo pochi istanti prima avevo rimbrottato si mise immediatamente alla direzione di una squadra di valenti amichetti proto-manovali e in un paio d'ore la fisionomia dell'intera spiaggia cambiò. il richiamo dell'incredibile opera edilizia convogliò manodopera inaspettatamente qualificata da ogni pista di biglie, da ogni semplice buca per l'acqua sul bagnasciuga; da ogni dove arrivarono a frotte per costruire il castello del secolo.
superate le dimensioni in altezza di un comune ombrellone e in larghezza di un piccolo chiosco, il monumentale cantiere improvvisato dai giovani artigiani della sabbia si preparava a sfornare un minaccioso agglomerato di torrette, torri e torrioni con tanto di ponte levatoio funzionante. nel frattempo noi, ignare menti adulte al riposo, venivamo cullati dall'innocente tranquillità sostenuta dalla brezza marina.
in un pomeriggio soltanto, l'escalation sociale accelerata dall'irrequietezza giovanile fece sì che il piccolo vicino d'ombrellone raggiungesse ben presto il vertice delle gerarchie inter pares e venisse nominato re assoluto e incontrastato della spiaggia. colui che solo poche ore prima faceva spallucce ai miei richiami all'ordine ora disponeva di un esercito di prodi pronti a tutto.
il silenzio d'un tratto si ruppe e al rullare di secchielli e rastrelli, appena aprii gli occhi, mi ritrovai circondato da un manipolo di assetati mercenari che in un farfugliare incerto mi imposero la consegna della borsa frigo con bibite e gelati. tutt'attorno acute e strillanti urla di giubilo proclamavano l'indipendenza, il successo della rivoluzione, la riuscita del colpo di stato dei costumini insabbiati.

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