"Nulla si può definire solo un sogno.
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."
kristoferpoffer {at} gmail.com
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."
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Titoli
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- A fin di bene
- Abitudini
- Addio
- Ai miei tempi
- Al pronto soccorso
- Albicocche
- Ambasciatore
- Balle
- Bentornati
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- Brioche
- C'era una volta un mondo
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- Cappuccetto rosso
- Carta Igienica
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- Vengo con te
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- Zia Samy
Il primo trauma
ci sono varie cose di cui ci si possa innervosire fin da quando la mattina si aprono gli occhi. innanzitutto la sveglia, con il suo precisismo, il suo sguardo freddamente acido da doganiere svizzero, non si risparmia mai di farti notare quanto tu sia già irrimediabilmente in ritardo.
un attimo dopo, la sadica truce realtà sembra materializzare la dolorosa sensazione di prematuro distacco materno. la luce che timida filtra dalle finestre, infatti, mostra sovente le tracce di quel reciso cordone ombelicale di saliva cristallizzata che per svariate ore ha congiunto il bordo della tua bocca al cuscino.
togliersi il piumone di dosso poi, specie in una fredda mattinata d'inverno, ha il carattere di un'epica sfida contro natura. in quei momenti le teorie sulla tensione individuale dell'uomo al proprio benessere s'arrendono al masochismo imperante dei ritmi moderni. la forma della tua mano informicolata impressa sulla guancia, che noterai solo una volta davanti allo specchio, ti apparirà allora come lo schiaffo di una società che ti vuole sveglio contro il tuo innato ed umano bisogno di sonno.
i vestiti sono freddi, tremendamente gelidi a paragone di quei dolci vestimenti morbidi, caldi e leggeri che ti avvolgevano nei sogni.
e il sapore in bocca è quello amaro di una proiezione di diapositive d'epoca sui bei tempi andati di gioventù.
alzarsi la mattina è sempre così tremendamente spossante che andrebbe fatto di sera.
dai, ancora cinque minuti e poi mi alzo.
un attimo dopo, la sadica truce realtà sembra materializzare la dolorosa sensazione di prematuro distacco materno. la luce che timida filtra dalle finestre, infatti, mostra sovente le tracce di quel reciso cordone ombelicale di saliva cristallizzata che per svariate ore ha congiunto il bordo della tua bocca al cuscino.
togliersi il piumone di dosso poi, specie in una fredda mattinata d'inverno, ha il carattere di un'epica sfida contro natura. in quei momenti le teorie sulla tensione individuale dell'uomo al proprio benessere s'arrendono al masochismo imperante dei ritmi moderni. la forma della tua mano informicolata impressa sulla guancia, che noterai solo una volta davanti allo specchio, ti apparirà allora come lo schiaffo di una società che ti vuole sveglio contro il tuo innato ed umano bisogno di sonno.
i vestiti sono freddi, tremendamente gelidi a paragone di quei dolci vestimenti morbidi, caldi e leggeri che ti avvolgevano nei sogni.
e il sapore in bocca è quello amaro di una proiezione di diapositive d'epoca sui bei tempi andati di gioventù.
alzarsi la mattina è sempre così tremendamente spossante che andrebbe fatto di sera.
dai, ancora cinque minuti e poi mi alzo.
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