"Nulla si può definire solo un sogno.
Dire solo un sogno è una sciocchezza come dire solo una realtà, perchè un piccolo principe Poffer vive ugualmente sia nel mondo dei sogni sia nel paese reale da cui proviene."

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Titoli

La Valentine

uno dei più grandi dilemmi della mia vita fu quello che mi attanagliò per mesi nell'estate del sessantanove. la laurea in lettere si stava avvicinando ma già d'allora sapevo bene che la carriera da giornalista sarebbe stata ben altra cosa rispetto al confortevole mondo accademico, specie in quegli anni in cui, male che fosse andata, ci si sarebbe sempre potuti appellare al diciotto politico praticamente ad ogni esame. il problema che però sembrava insormontabile per un giovane studentello come me, era di ben altra origine: quale macchina da scrivere scegliere. all'epoca era una delle più grandi avanguardie della tecnologia poter disporre di una macchina da scrivere che non si inceppasse, che fosse portatile, che avesse quell'aura di magia che oggi nemmeno un supercomputer potrebbe vantare. la scelta mi sembrava alternativa: inseguire il mito già affermato della lettera ventidue dei mostri sacri di biagi e montanelli oppure lasciarmi cullare dall'irriverente provocazione della valentine, anch'essa olivetti. scelsi quest'ultima, infine, ma non lo feci per la sua maggior praticità nè tantomeno perchè rispetto alla cugina rivale poteva vantare il tasto dello zero senza il quale si sarebbe dovuto continuare a ricorrere alla lettera 'o' maiuscola. entrambe inoltre mancavano dell'uno, il primo numero, da sostituirsi con la lettera 'i' naturalmente. quel'estremo gesto di risparmio per uno ora abituato ad avere centinaia di tasti inutili sulla propria tastiera del pc strappa sicuramente un sorriso di tenerezza agli innocenti tempi andati.
scelsi la valentine, come ho detto, e lo feci per il semplice motivo che una valentine era tassativamente rossa. in quel periodo il rosso andava di moda, era ostentato in ogni modo, ad ogni occasione. erano gli anni rossi quelli, sebbene le immagini alla tivvù fossero ancora in bianco e nero. tutti avevano in testa il rosso ed io per primo mi ero convinto da tempo che persino mia moglie avrebbe avuto i capelli rossi. poi la moda finì, l'ideologia cui era legata si dissolse in mille partiti senza forma e il sessantotto sembrava sempre più lontano. oggi scrivo su questo computer bianco mentre quella rossa macchina da scrivere, dalla mensola, sempre in bella vista, mi ricorda la strada che ho fatto. mia moglie dorme sul divano nero qui in fianco a me, con i suoi lunghissimi capelli castani ed io non avrei potuto nemmeno immaginare un epilogo migliore di questo. a dispetto del rosso, del sessantotto e delle ideologie andate.

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